Nelle ultime settimane abbiamo assistito a numerose manifestazioni, in Europa e in Turchia, contro l'uscita della Turchia dalla Convenzione di Istanbul.
Con un decreto firmato dal presidente Recep Tayyip Erdoğan il 20 marzo, la Turchia ha infatti revocato la propria partecipazione alla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, dopo che il 14 marzo 2012 era stata invece il primo Paese a ratificarla (fu lo stesso Erdoğan, allora primo ministro, ad apporre la firma).
Le reazioni dell'Unione Europea si sono limitate a generiche parole di condanna e ad una presa di distanza, confermando la linea "morbida" verso Erdoğan che, se da una parte strizza l'occhio all'elettorato più conservatore e radicale, dall'altro tiene l'Europa sotto scacco tramite il vergognoso accordo sull'immigrazione firmato cinque anni fa.
Nell'ultimo Consiglio d'Europa, tenutosi lo scorso 26 marzo e incentrato proprio sulla questione dei rapporti con la Turchia, è prevalsa infatti una "linea morbida" che mette a rischio di svolte autoritarie anche alcuni paesi europei, come l’Ungheria e la Polonia, i quali avevano già espressamente annunciato di voler uscire dalla Convenzione.
Adottata dal Consiglio d'Europa nel 2011, la Convenzione entra in vigore nel 2014 e viene firmata dall'Unione Europea nel 2017. Nel 2019 il Parlamento europeo adotta una risoluzione con cui chiede a tutti gli Stati membri di aderire al trattato, esortando quanti l’abbiano firmato ma non ancora ratificato a farlo senza esitazione. Ratificare la convenzione significa essere giuridicamente vincolati alle sue disposizioni e far seguire norme volte a prevenire la violenza di genere, proteggere le vittime e punire i responsabili.
MA COME SI ARRIVA ALLA CONVENZIONE DI ISTANBUL? Un pò di Storia
Con la nascita e la strutturazione del sistema delle Nazioni Unite, nel 1946 venne creata la Commissione sullo Status delle Donne (CSW), con il mandato di preparare raccomandazioni e rapporti indirizzati all’ECOSOC sul tema della promozione dei diritti delle donne in ambito politico, economico, civile, sociale ed educativo. Nel periodo 1946-1962 la Commissione si è dedicata soprattutto alla formulazione e promozione di convenzioni internazionali miranti a modificare le legislazioni discriminatorie ancora in vigore nella maggior parte dei paesi; e già a partire dagli anni ’50 ha prestato particolare attenzione ad alcune specifiche fattispecie di violenza di genere, quali ad esempio le mutilazioni genitali e altre pratiche tradizionali che minacciassero l’integrità fisica e psichica di donne e ragazze.
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata nel 1948 dalle Nazioni Unite, fornisce l'accordo internazionale più fondamentale per combattere la violenza contro le donne, poiché dichiara l'uguaglianza dei diritti delle donne e degli uomini, incluso il diritto alla sicurezza personale. L'UDHR definisce principi e valori universali. Ha avuto un effetto significativo sullo sviluppo della legge internazionale sui diritti umani, ma è considerata aspirazionale piuttosto che assoluta, è aperta all'interpretazione e non crea un obbligo legale per gli stati di sostenere questi principi.
1975: La Commissione sullo Status delle Donne chiese l'organizzazione della prima conferenza mondiale sulle donne in coincidenza con l'Anno Internazionale della Donna. La Conferenza Mondiale dell'Anno Internazionale della Donna si tenne successivamente a Città del Messico; vi parteciparono 133 governi, mentre 6.000 rappresentanti di ONG parteciparono ad un forum parallelo, la Tribuna dell'Anno Internazionale della Donna. La conferenza definì un piano d'azione mondiale per l'attuazione degli obiettivi dell'Anno Internazionale della Donna, che offriva una serie completa di linee guida per il progresso delle donne fino al 1985.
1980: 145 rappresentanti degli Stati Membri si incontrarono a Copehagen nel 1980, per la seconda conferenza mondiale sulle donne, che intendeva riesaminare e valutare il Piano d’Azione Mondiale del 1975. L'obiettivo era quello di rivedere i progressi nell'attuazione degli obiettivi della prima conferenza mondiale, concentrandosi su occupazione, salute e istruzione. Un programma d'azione ha richiesto misure più forti per assicurare alle donne la proprietà e il controllo della proprietà, così come miglioramenti nella protezione dei diritti delle donne all'eredità, alla custodia dei figli e alla nazionalità.
Nel 1981, è entrato in vigore un trattato storico che affronta la disuguaglianza delle donne. La Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) è stato il primo trattato sui diritti umani specifico per le donne ed è uno strumento essenziale per sostenere l'uguaglianza delle donne sia a livello nazionale che internazionale. La CEDAW, tuttavia, non affronta la violenza. Infatti, il testo del trattato non include affatto la parola "violenza".
1985: La conferenza mondiale per esaminare e valutare i risultati del Decennio delle Nazioni Unite per le donne ha avuto luogo a Nairobi. Il mandato della conferenza era di stabilire misure concrete per superare gli ostacoli al raggiungimento degli obiettivi del Decennio. I partecipanti comprendevano 1.900 delegati da 157 Stati membri; un Forum parallelo delle ONG ha attirato circa 12.000 partecipanti. I governi hanno adottato le Nairobi Forward-Looking Strategies for the Advancement of Women, che hanno delineato misure per raggiungere l'uguaglianza di genere a livello nazionale e per promuovere la partecipazione delle donne agli sforzi di pace e sviluppo.
Nel 1992 la CEDAW ha aggiunto una raccomandazione generale specifica sulla violenza contro le donne. La raccomandazione generale n. 19 è stata storica. Ha portato il problema pienamente sulla scena mondiale, riconoscendo che la violenza contro le donne e le ragazze era sistematica e diffusa, un prodotto della disuguaglianza, e prevalente nella casa (in precedenza, la violenza domestica era considerata una questione privata). Ha anche spinto alla creazione del Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, un lavoro dedicato esclusivamente all'eliminazione di questa violenza. Ma le raccomandazioni generali non fanno parte del trattato ufficiale, quindi mentre la GR n. 19, che è stata aggiornata nel 2017, è uno strumento politico fondamentale, manca del peso giuridico necessario per indurre i governi ad agire.
La Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne di Pechino del 1995 ha segnato una svolta significativa per l'agenda globale per l'uguaglianza di genere. La Dichiarazione di Pechino e la Piattaforma d'Azione, adottate all'unanimità da 189 paesi, è un'agenda per l'empowerment delle donne ed è considerata il documento politico globale chiave sull'uguaglianza di genere. Stabilisce obiettivi strategici e azioni per l'avanzamento delle donne e il raggiungimento dell'uguaglianza di genere in 12 aree critiche di interesse:
Donne e povertà
Istruzione e formazione delle donne
Donne e salute
Violenza contro le donne
Donne e conflitti armati
Le donne e l'economia
Donne al potere e al processo decisionale
Meccanismo istituzionale per l'avanzamento delle donne
Diritti umani delle donne
Le donne e i media
Le donne e l'ambiente
Le bambine
La conferenza di Pechino ha costruito sugli accordi politici raggiunti nelle tre precedenti conferenze globali sulle donne, e ha consolidato cinque decenni di progressi legali volti a garantire l'uguaglianza delle donne con gli uomini nella legge e nella pratica.
Come la CEDAW, la Piattaforma d'azione di Pechino, adottata alla quarta conferenza mondiale sulle donne nel 1995, invita i governi ad adottare, attuare e rivedere la legislazione per garantire la sua efficacia nell'eliminazione della violenza contro le donne, ma non crea alcun obbligo legale per gli stati.
Tre trattati regionali sulla violenza contro le donne hanno tentato di affrontare ciò che manca a livello globale:
La Convenzione di Belém do Pará (ufficialmente, la Convenzione interamericana sulla prevenzione, la punizione e l'eliminazione della violenza contro le donne, adottata nel 1994), è stato il primo trattato regionale specifico sulla violenza contro le donne e ha portato a cambiamenti nella legislazione interna e a riforme della politica pubblica che forniscono maggiore protezione alle donne in alcune nazioni dell'America Latina e dei Caraibi.
Il Protocollo di Maputo dell'Africa (il Protocollo alla Carta africana dei diritti umani e dei popoli sui diritti delle donne in Africa, adottato nel luglio 2003) è un trattato sui diritti delle donne che include una forte definizione di violenza contro le donne e copre chiaramente "sia la violenza effettiva che gli atti che potrebbero portare alla violenza". Guidata dalle ONG africane per i diritti delle donne, è stata creata in risposta alla mancanza di attuazione della Carta africana, che garantisce i diritti e la sicurezza delle donne.
La Convenzione di Istanbul dell'Europa (la Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, adottata nel marzo 2016) è considerata la più completa in termini di portata.
Nella seconda parte dell'articolo vedremo perchè la Convenzione di istanbul è considerato il trattato internazionale più completo, quali novità apporta e quali sono anche i suoi limiti.
Venusia Vega
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