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  • Immagine del redattoreLe Tre Ghinee

LE MOLESTIE SESSUALI TRAMITE SOCIAL E MESSAGGISTICA DIRETTA

Aggiornamento: 18 mar 2021



Premessa: le molestie sono differenti dalla violenza sessuale: nel nostro ordinamento, attualmente, solo la violenza sessuale è definita e tutelata dal codice con connotati specifici, la molestia, invece, assume lineamenti di genericità e non presenta necessariamente un profilo sessuale.

Distinguiamo quindi

Nelle molestie sessuali, solitamente, la vittima si trova a dover sopportare comportamenti fastidiosi ed indesiderati da parte di qualcuno (telefonate, apprezzamenti), mentre nella violenza sessuale si trova a subire veri e propri atti sessuali contro la sua volontà.


Pertanto, si distinguono in base al grado di invasività della sfera sessuale della persona offesa e risulta evidente come sia molto più grave nel caso di violenza sessuale. In particolare, nel caso specifico delle molestie non vi è alcun contatto fisico, mentre nell’ipotesi della violenza, invece, vi è normalmente una forzatura della volontà ed un’intrusione nell’intimità di una persona non consenziente.


Cosa sono le molestie sessuali?

Non esiste nel codice penale una definizione di molestia sessuale, vengono invece genericamente definite le molestie all’articolo 660 c.p., e queste sono intese come quei comportamenti, diretti verso un soggetto determinato, volti ad arrecargli disturbo. Devono essere fatti in luogo pubblico (o aperto al pubblico) o per mezzo del telefono, con quello che il codice definisce “petulanza o altro biasimevole motivo”, ovvero con arroganza o sfacciataggine e per motivi riprovevoli. Questo particolare tipo di illecito comporta l’arresto fino a sei mesi o un’ammenda fino a cinquecentosedici euro.


Grazie alla costante giurisprudenza, che nel corso degli anni si è pronunciata nel merito, possiamo determinare come molestia sessuale ogni comportamento indesiderato con connotazioni sessuali ed è integrato in presenza di parole e invettive volgari a sfondo sessuale, oppure di atti di corteggiamento invasivo ed insistito diversi dall'abuso sessuale, inclusi atteggiamenti di tipo fisico, verbale o non verbale.


Possono rappresentare esempi di molestia sessuale, ad esempio, richieste di rapporti sessuali non gradite e non ricambiate, promesse di premi o favori in cambio di rapporti intimi, il c.d. “catcalling”, commenti sulla fisicità o sull’orientamento sessuale di tipo offensivo o denigratorio, ecc.


Secondo il parere della Corte di Cassazione, commette il reato di molestie chi assume una condotta di incessante ed insistente corteggiamento che risulti sgradito ad un’altra persona.


È un reato contravvenzionale e pertanto perseguibile d’ufficio, ciò comporta che, una volta sporta doverosa denuncia-querela, la procedura verrà attivata e proseguirà indipendentemente dalla volontà del denunciante.


L’art. 660 richiede che il reato sia posto in essere in luogo pubblico o luogo aperto al pubblico, quindi i social network sono esclusi dall’ambito di applicazione del reato? Assolutamente no: i social network, dalla cassazione, sono considerati al pari di un luogo pubblico, poichè chiunque può liberamente accedervi o prendere visione dei contenuti in esso pubblicati. Lo non è possibile però per i mezzi di comunicazione elettronica quali i servizi di messaggistica istantanea come Messenger, Whatsapp o Telegram, poichè in linea teorica, non possono essere inquadrati nè come luoghi aperti al pubblico, nè come telefono vero e proprio.


Integrano quindi il reato di molestia sessuale quei comportamenti, attuati per mezzo digitale sui social, e quindi sulle pagine aperte:

  • messaggi in bacheca di natura sessuale non richiesti;

  • commenti ripetuti sulla natura/orientamento sessuale di un soggetto;

  • post con contenuti di natura sessuale o oscena;


Sebbene il reato preveda un carattere di abitualità, nella realtà dei fatti in più di un’occasione la Corte di Cassazione ha stabilito che anche un singolo atto possa integrare il reato di molestie, soprattutto quando questo presenti connotazioni di carattere osceno e pertanto particolarmente disturbante, integrando a pieno il “biasimevole motivo”.

Ma quindi, l’invio non richiesto di foto di genitali maschili non è reato? Secondo la cassazione non può essere configuarato come molestia sessuale, pochè non è stata fatta in un luogo pubblico nè per mezzo del telefono (sì, secondo la cassazione nè whatsapp nè messenger, sebbene installati sugli smartphone sono parte dell’ambito di applicazione della legge! - ndr questo è abbastanza indecente e maschilista-). Ma ciò non vale per i minorenni: inviare foto di nudo ad un soggetto minorenne, indipendentemente dal mezzo utilizzato, comporta l’integrazione del reato di VIOLENZA SESSUALE, indipendentemente dall’assenza di contatto fisico con la vittima,ma in quanto finalizzati e idonei a compromettere il bene primario della libertà individuale nella prospettiva di soddisfare o eccitare il proprio istinto sessuale da parte del maggiorenne che le ha inviate. Questo è quanto stabilito da una recente sentenza della cassazione.

La spinta sociale è però quella di far ricadere l’invio non richiesto di immagini sessuali esplicite almeno nel reato di molestie. Le denunce di questi comportamenti ingiustificati ed ingiustificabili dovrebbe portare il legislatore a creare una legge apposita.

Infatti, moltissime donne, nonostante la cassazione non sia dell’idea che la messaggistica istantanea rientri nel concetto di telefono, denunciano comunque per molestie quei soggetti che praticano il cyber-flashing, come nel caso delle due sindacaliste di Viterbo.



Quando le molestie diventano stalking?

Le molestie quindi, a parere della cassazione, non potrebbero passare per il mezzo della messaggistica istantanea o dei messaggi privati sui social network, perchè si tratta di luoghi non aperti al pubblico. Ma se l’invio fosse costante, molesto, non richiesto, sicuramente inopportuno, potrebbe ricadere nel ben più grave reato di stalking. Infatti, chiunque con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura oppure lo costringa a cambiare abitudini di vita, commette il reato di cui all’art. 612 bis c.p.. Nel caso in cui, quindi, un soggetto continui ad inviare messaggi privati sui social o su altro mezzo di messaggistica istantanea, telefoni, o comunque si metta in contatto per mezzo di varie email o contatti differenti con qualcuno che non voglia essere contattato, commette il reato di stalking, non quello di molestie.

La cassazione ha ritenuto sufficienti ad integrare lo stalking 1 telefonata e dodici messaggi.

Difatti il reato di stalking può essere anche perpetrato a mezzo esclusivamente “social”, importando soltanto la reazione di ansia e paura ingenerata nella vittima, a prescindere da un accertamento medico legato agli stessi.

Ma di questo si parlerà diffusamente più avanti.




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